Database Management System & DBMS

Cloud Computing

Tra le piattaforme tecnologiche a nostra disposizione, il cloud computing si presenta con delle premesse radicali: sebbene da un lato possa offrire grandi opportunità, dall’altro lato esso è uno sconvolgimento notevole nell’ambiente in cui si introduce, minacciando così l’industria del settore.

Già alle sue origini, e in modo più consolidato a partire da 10-15 anni fa, l’informatica si è presentata come un servizio agli utenti, cioè come risorsa preferibile in outsourcing piuttosto che in-house. I primi computer erano macchine costose, i mainframe, quindi l’organizzazione non acquistava l’intera macchina, ma pagava per poterla gestire e far girare il proprio software; la macchina però rimaneva nel “centro servizi” che offriva all’azienda tale possibilità.

Con l’evoluzione tecnologica questo vincolo dimensionale è venuto a cadere: le aziende si spinsero dunque verso la realizzazione di software in-house o all’acquisto dello stesso da fornitori specializzati. Chiaramente questo ha portato ad un sovradimensionamento della sezione ICT delle varie aziende, conducendole infine ad affrontare il problema se la scelta di produrre il proprio software fosse troppo costosa.

Le prime aziende a porsi questo problema sono state le grandi aziende, che effettivamente hanno poi puntato a spostare tutta la sezione ICT all’esterno, stipulando contratti di outsourcing: reti, server, manutenzione day-by-day, sviluppo software, non erano più attività interne all’azienda e potevano essere trattati come qualsiasi altro servizio, anche per quanto riguarda il controllo e la riduzione della spesa.

L’outsourcing ha avuto successo perché permetteva di ottenere il servizio di qualità migliore presente sul mercato. L’azienda non poteva raggiungere quella qualità, perché la sua visione del mondo era limitata a sé stessa.

Questo processo però richiedeva una certa abilità, da parte delle aziende, nello stipulare i contratti di outsourcing, per poter garantire la qualità di quei servizi, molto complessi, che venivano acquistati. Erano quindi necessarie persone esperte di ICT che potessero controllare la qualità del servizio e, quindi, in realtà solo le infrastrutture divennero effettivamente non necessarie all’interno dell’azienda. Nell’adottare tecnologie da fornitori esterni c’è però una conseguenza negativa: non è possibile tenere sotto controllo il fornitore, che col passare del tempo tende a ridurre la qualità, ad introdurre rigidità e aumentare i costi.

Queste considerazioni spingono quindi le aziende a tornare indietro, cioè al possesso di reparti IT, o a creare delle società congiuntamente al fornitore verso le quali fare outsourcing, così da poter mantenere un controllo maggiore sul servizio offerto e sul software in proprietà.

Ed è in questo quadro che emerge il cloud computing.

Da un punto di vista concettuale, il cloud computing nasce dall’idea del grid computing, ovvero quella di utilizzare la potenza di calcolo distribuita nel mondo in maniera efficiente, cioè sfruttando l’inutilizzato. Questa idea viene inizialmente applicata alla condivisione di file musicali online, mediante reti in cui ognuno è sia un client che un server (Peer-to-Peer). Il problema di questa architettura è che non è possibile individuare il responsabile della condivisione, in quanto impossibile determinare qual è il server da cui hanno origine i dati.

Tale soluzione distribuita è stata usata anche in ambito scientifico, per supportare la potenza di calcolo distribuita. Essa richiede però una elevata omogeneità tra gli utenti, limitando lo sviluppo del grid computing stesso. Nonostante ciò, le società che dispongono di un gran numero di server, rivolgono la loro attenzione al grid, sebbene spinte da necessità di mercato totalmente indipendenti (si pensi a Google ed Amazon). Il mercato del grid computing è attualmente in calo.

L’idea alla base del cloud computing è che gli utenti sono fruitori di servizi, non vedono come il servizio è implementato e lavorano in un ambiente caratterizzato da una spinta virtualizzazione.

Cloud Computing VS Mainframe: sono concettualmente simili, ma radicalmente diversiin termini di hardware.

Cloud Computing VS Grid: non si utilizza più il concetto di peer-to-peer.

Cloud Computing VS Outsourcing: L’azienda non fornisce il proprio sistemainformativo.

L’hardware per il cloud è spesso realizzato in modo da poter essere posto in un container di 100, 1000, 2000 server che sono già ottimizzati e raffreddati in maniera autonoma, pronti per essere messi “in vendita”.

La modularizzazione dei data center permette una gestione separata e semplificata in fase di backup, specialmente considerando che, disponendo di macchine uguali tra loro, il ripristino di un backup si riduce al tempo di trasferimento dei dati.

Il cloud computing è perfetto per le startup, perché non è necessario gestire la migrazione dai vecchi sistemi, operazione di norma molto costosa. La logica del Cloud Computing è infatti basata sul concetto di pay-per-use, ovvero di far pagare ai clienti una quantità proporzionale alle risorse che essi usano. Le risorse vengono allocate istantaneamente dall’infrastruttura, quindi l’uso delle risorse è dinamico e dipende esclusivamente dalle esigenze del momento. Questo permette di contenere i costi e crescere in modo dinamico assieme alle esigenze dell’azienda.

Da un punto di vista economico, in situazioni in cui l’uso del cloud computing non è vincolato, si ha un beneficio che per l’azienda oscilla tra il 30% e il 70%. Possono però essere presenti vincoli, che introducono un costo aggiuntivo, come ad esempio la necessità di localizzare i dati (per motivi di privacy o legistlativi), o la necessità di personalizzazione dei servizi.

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